Jeff Ascough workshop

Ho deciso di “chiudere per inventario” due settimane e di venire a Londra in occasione di un workshop tenuto da Jeff Ascough, un fotografo che seguo da tempo, a mio giudizio capace di coniugare in maniera unica il linguaggio e l’approccio proprio del fotogiornalismo alla fotografia di matrimonio.

Ho parlato di “inventario” non a caso, come per un negozio ho bisogno di chiudere e di osservarmi dentro, comprendere cosa ho e cosa mi manca, riorganizzare gli elementi che costituiscono la mia passione e la mia professione per “riaprirmi” al pubblico rinvigorito dalla nuova esperienza. Mi sono imposto di fare esperienze, di perdermi e ritrovarmi, di continuare ad alimentare il mio percorso perchè non c’è investimento migliore di quello che facciamo su noi stessi.

ASPETTANDO IL WORKSHOP

Arrivato a Londra ho preso un pomeriggio per “perdermi” in questa città in cui ho vissuto per una estate quando avevo vent’anni, sono tornato nel quartiere in cui vivevo abbandonandomi ad una sana quanto intensa nostalgia. In un vicolo che incrocia Oxford street ho letto “Photographer’s gallery” ed ho scoperto, con mio grande piacere, che vi era un’esposizione di fotografie di Andy Warhol, David Lynch e William Burroughs.

E’ interessante osservare come questi artisti utilizzassero la fotografia per prendere appunti visivi di ciò che li interessava, in particolar modo Warhol fotografava di tutto, da materiali e tessuti a pubblicità, e poi poltrone eleganti, tappezzeria, oggetti buffi. 
Tra le tre esposizioni mi ha interessato maggiormente quella su William Burroughs, scrittore e personalità chiave della “beat generation”, interessato maggiormente all’aspetto evocativo più che a quello descrittivo od estetico della fotografia, sono esposti dei mini progetti che evocano l’idea di vuoto, o dell’attraverso oltre a dei curiosi collage di fotografie che formano una nuova immagine.

Tornando su Oxford street vengo attratto da un piccolo incrocio in cui il controluce crea interessanti silhouette, ho atteso qualche minuto e scattato diverse fotografie, tra cui questa che mi piace molto  in cui simmetria, spazio e forme sono elementi chiave. 

Ramillies Street, Londra

Londra è incredibilmente stimolante per la fotografia di strada, scatto ancora qualche fotografia alla miriade di persone, razze e colori che mi passano davanti, ma ora sono stanco; sono circa le 19, l’ostello è lontano dal centro e domani mattina dovrò essere a Watford per il primo giorno di workshop. 
Domenica 30 Marzo mi sveglio alle 6 del mattino e faccio una colazione da dimenticare con dei biscotti farciti di una curiosa sostanza che ho comprato ieri da Tesco. Attraverso gli infissi bianchi e mal verniciati della cucina vedo la stazione di Hendon Central, un orsetto di peluche che spunta  da una finestra del palazzo di fronte al mio, un passante che sbadiglia e che sembra non avere nessuna fretta. Esco e prendo l’autobus per Watford, una piccola città ad est di Londra dove il tempo sembra scorrere molto più lentamente, sopratutto oggi che è domenica.

Watford

Arrivato all’Hilton Hotel, luogo del workshop, incontro subito Jeff in un corridoio che porta alla sala thè e caffè … un sorriso e un “Hi!”. Nella sala della convention ci sono alcuni espositori con i suoi migliori lavori, inutile dire che li trovo fortemente ispiranti. Siamo in quaranta circa, solo tre stranieri… due italiani e un cinese, Jeff comincia a parlare e a rompere il ghiaccio, da subito capisco che non ha intenzione di rendere il suo inglese più comprensibile, uscirò da questa prima giornata con il mal di testa! 
Si presenta e ci fa vedere alcune fotografie del luogo in cui vive, vicino a Liverpool, del suo studio, della sua famiglia, poi inizia a parlare del suo lavoro e di come lo ha sviluppato negli anni. 
Ci dice che lavora da solo, senza assistenti nè secondi fotografi “because humans are amazing, if you are alone they protect you, they share and interact with you, if you are two or three people they consider you a group, and something changes”. Dedica una ampia parte del discorso all’interazione con le persone, al modo di muoversi e di essere parti della situazione con alcuni “trucchetti” che ci ha svelato e che denotano la sua incredibile esperienza. Mentre parla ci mostra molte sue immagini, la maggior parte a me sconosciute perchè non presenti sul sito web o su altre pubblicazioni reperibili in rete. 

Jeff Ascough è nervoso e iperattivo, difficilmente ascolta una domanda fino alla fine, non resiste ed inizia a rispondere prima, una cosa che trovo insopportabile. Mi ha positivamente colpito il suo assoluto purismo “No flash light, no noise reduction, only prime lenses” Solo obiettivi fissi, no flash, nessuna riduzione del rumore digitale. Ci ha spiegato nel dettaglio come opera, dalla ripresa alla post produzione, rigorosamente con Lightroom e Capture One. 
Quando si parla di obiettivi o fotocamere ci dice di non badare troppo alle recensioni online e prende in giro i vari divulgatori e siti web specializzati che offrono recensioni solo ed esclusivamente tecniche. Molte tra le sue immagini più belle sono state scattate con obiettivi o corpi macchina che erano stati criticati da dpreview o altri siti simili, a testimonianza del fatto che la pura tecnica non gioca un ruolo predominante nel suo lavoro. 
Ciò che mi porterò a casa di questa prima giornata sono tanti trucchi, maniere di operare, consigli su come muoversi e organizzare il proprio lavoro, ma sopratutto i suoi insegnamenti su come gestire la luce naturale in ogni situazione, resi molto utili grazie al supporto visivo di immagini; “you have not to fight the light, it would win, you have to work with it”. Mentre scrivo questa prima parte dell’articolo sono le 3.20 del mattino, è meglio che vada a dormire ora, che tra poche ore sarò in piedi per la seconda giornata. Ci aggiorniamo.



SECONDO GIORNO


Mi alzo presto per il secondo giorno di corso, sono pieno di energie. 
Esco dall’ostello su Hendon Central per prendere i miei due autobus per Watford. Una donna e un bambino sono per strada, nessun altro anima questo scorcio di Londra est che ormai sento quasi come se fosse casa mia. Mattoni scuri e case basse, volti chiari, auto che vanno al contrario… e ancora… prati verdi, cani, una persona ride al telefono mentre fugge via.. dal secondo piano dell’autobus 142, Londra si mostra magnifica ed elegante mentre ascolto un album di Luca Sapio. 

Arrivato all’Hilton di Watford, mi dirigo verso la sala breakfast per bere il pessimo caffè inglese. La sala è già affollata alle 8.30 di mattina. Hi, hello, how are you? due parole con i colleghi prima di entrare in aula.

Ho scoperto che ci sono diversi altri stranieri, colleghi che parlavano un ottimo inglese e che ho scambiato per britannici… c’è un fotografo norvegese, un austriaco, un americano oltre a me, al bravo fotografo cinese Stephen Rong e all’ottimo collega calabrese Claudio Valerio. 
A proposito di Claudio… ieri quando mi ha sentito dire ad un altro collega “I’m italian”, mi ha chiesto “anche tu sei italiano?? davvero? Pensavo di essere stato l’unico folle ad essere venuto su dall’Italia!” 

Il secondo giorno di workshop inizia, Jeff comincia col farci vedere un suo lavoro completo analizzandolo con noi dal punto di vista tecnico e compositivo. Jeff Ascough è generoso, risponde in maniera dettagliata alle nostre domande, ci illustra il suo modo di comporre le fotografie dando “structure” e “space” alle sue inquadrature. Ci guida all’osservazione della luce nelle sue immagini spiegandoci dei preziosi trucchi per affrontare le condizioni di luci più difficili sfruttandole a nostro vantaggio.. davvero utili! Jeff usa due Canon 5Dmark 3 e obiettivi rigorosamente fissi e luminosi. Assolutamente no flash, per essere più “invisibile” ai suoi soggetti. 
Ci ha mostrato la sua borsa e tutto ciò che contiene, compresi alcuni gadget molto interessanti.

Il pranzo è stato per me semi-drammatico, ho rischiato di soffocare per un pezzo di carne rimastomi in gola, dopo alcuni attimi di paura il peggio è passato.. devo dire grazie al fotogiornalista Dan Jones per avermi praticato la manovra di Heimlich. (thanks Dan, you’re my angel!) 
Passata la potenziale tragedia, il workshop riprende con una prova pratica di osservazione di luci ed ombre con i modelli, due ore in cui Jeff ci ha svelato il suo modo di operare e misurare la luce e il suo personale uso delle impostazioni nella fotocamera. Successivamente ci siamo spostati in aula per una parte davvero illuminante; Post-produzione e workflow. 

jeff ascough workshop

Jeff utilizza i software e nel mentre ci spiega come sta operando. È davvero stimolante osservarlo mentre ci mostra il suo flusso di lavoro, dal file raw originale (non pensavo che ce li avrebbe mostrati) alla fotografia finita. Pur utilizzando Lightroom, programma che conosco molto bene, Jeff ha usato un approccio molto diverso dal mio, ho imparato alcune cosette che non vedo l’ora di provare . No sharpness, no noise reduction, Jeff si apprezza anche nella post-produzione, poche modifiche, ma efficaci e nei punti giusti. Jeff spinge la 5d mark 3 fino a 12.800 iso, una sensibilità che io non utilizzo mai sebbene le mie fotocamere offrano una notevole qualità. 

Ci mostra alcune stampe fatte a 12.800 e sono ottime davvero, gli chiedo quindi se la stampa attenui il rumore digitale (cosa che ho sempre riscontrato e intuito nel passaggio tra monitor e stampa) e lui mi conferma che il disturbo è meno visibile e intrusivo nelle stampe sopratutto se stampa fine art. La luminanza, ormai rimane solo questo tipo di rumore visto che Lightroom attenua automaticamente il disturbo di crominanza, viene ridotta e resa meno visibile su carta… anche per questo è fondamentale imparare a stampare le proprie fotografie… per tradurle in oggetto, per finalizzarle, per renderle belle e durevoli. 

Jeff termina la giornata dandoci dei consigli sulla nostra vita professionale, su come trarre nuovi stimoli ed alimentare le nostre risorse interiori… tra le righe è facile intuire la sua passione per questo lavoro e la sua premura di dare a noi il più possibile. “If you want to continue, we can drink a beer in the hotel’s bar” e così è stato, birre e chiacchere con Jeff e con gli altri colleghi, volti, esperienze, risate, considerazioni e scambi di biglietti da visita. 
Tornerò tardi a Hendon, con qualche birra in corpo e con mille cose nella mia mente. Sono pronto per tornare alla mia vita, al mio lavoro, ai miei corsi, arricchito di nuove cose da poter dire e dare….. citando una canzone spagnola “hay que vivir para poder contar” (Bisogna vivere per poter raccontare).

Buona luce!